Un’intervista con Roberto Bonino – Parte 2

Un’intervista con Roberto Bonino – Parte 2

Un’intervista con Roberto Bonino – Parte 2

Sartoria 1Cari followers, scusate mi intrometto nell’articolo di Matteo Bruzzo per fare un annuncio importante e più che mai attuale … Bonino 1933 informa i Suoi clienti che segue e seguirà tutte le precauzioni del caso a tutela dei cittadini per l’emergenza COVID-19. Per questo motivo da oggi fino a nuovo ordine riceveranno solo su appuntamento al fine di garantire le norme di sicurezze e prevenzione.

E ora la parola a Matteo!

Roberto, che idee avevi maturato sull’identità che avrebbe assunto Bonino sotto la tua guida?

Il desiderio che ho sempre avuto è di unire questo mondo del laboratorio con la realtà del negozio, che invece sono sempre state distinte fino ad un anno e mezzo fa. Successivamente, quando il laboratorio è diventato più piccolo, e da 20/30 sarte si è passati a 4/6, lo abbiamo trasferito al piano di sotto, dove ha continuato a mantenere un’identità indipendente.

 

Com’era questo mondo del laboratorio?

Il laboratorio era un ambiente a parte. Entravi, e non c’era il mobilio del negozio, c’era invece questa schiera di sarte che viveva nel loro mondo, aveva la loro cucina e i loro bagni. I clienti non avevano neanche idea che ci fosse questa realtà a pochi metri da loro. Quando c’è stato da riorganizzare il negozio, un anno e mezzo fa, la prima voce importante era mettere il laboratorio a conoscenza di tutti, quindi esposto.

Un’altra caratteristica fondamentale era che le sarte, un tempo indipendenti e disgiunte dal negozio, oggi hanno un’identità e una personalità di spicco. Per creare un team, devi far convivere tutte le persone all’interno di esso. Nel nostro caso, si è creato un rapporto personale che va oltre il lavoro vero e proprio. Il cliente stesso oggi entra in contatto con le sarte, cosa che non succedeva fino a poco tempo fa.

 

Ma cosa vuol dire sartoria?

Innanzitutto, sartoria vuol dire laboratorio. Che si producano biscotti, si aggiusti una macchina o si confezionino camice, è la stessa cosa. È caos. È bello che i sarti sia scapigliati sul cartamodello con pezzi di tessuto ovunque, così come è bello che il fornaio abbia le mani sporche di farina e il meccanico di grasso.

 

La sartoria dei nostri nonni era diversa?Sartoria 2

Partendo dal presupposto che i nostri nonni sapevano tutto, quando avevano bisogno di un tavolino andavano dal falegname, quando avevano bisogno di una camicia andavano dal camiciaio. E addirittura andavano nel negozio di tessuti per scegliere quelli da portare al camiciaio. Per loro era normale toccare i tessuti, e scegliere in base al prezzo e alla qualità quello che più si confaceva alle loro necessità in modo tattile. Oggi si decide in modo visivo, ed è completamente diverso.

 

E quindi qual è il ruolo oggi della sartoria?

La storia è un laboratorio di produzione, lo era prima, continua ad esserlo oggi, e continuerà ad esserlo sempre. Quello che è fondamentale oggi è mettere in contatto il cliente non con la sartoria ma con il suo stile. Scoperto lo stile del cliente, allora si necessita della sartoria. Se un cliente viene qui e mi chiede un abito classico blu, 3 bottoni, pantaloni con le pinces, e veste perfettamente un 48 drop 6, non riuscirò mai a soddisfare le sue esigenze qualità/prezzo, perché se lo acquista in un negozio già confezionato lo paga la metà ed è contento uguale. In quel caso sono io a rispettare la trasparenza del rapporto e a consigliargli di acquistarlo in un negozio di prêt-à-porter.

 

Sartoria 3Quindi vuol dire che qualcosa è cambiato, perché fino a qualche decina di anni fa anche chi voleva il più classico degli abiti si rivolgeva alla sartoria.

La differenza sta nel fatto che la sartoria oggi non è più l’unica, o la maggiore, fonte di approvvigionamento abiti maschili. C’è da distinguere la sartoria degli anni ’20 o ’30 da quella degli anni ’60 e ’70. Il mondo si è trasformato in un ambiente freddo e senza carattere per colpa della pubblicità e del marketing dei brand, che sono nati a ridosso degli anni ’40. Il cliente è stato sviato dal suo classico schemino costo-qualità del più costa più e bello e si è ritrovato in un mondo in cui un prodotto che costa più di un altro ha una qualità inferiore solo per i costi di brand e marketing. Oggi il cliente non sta più comprando un oggetto che vale quello che costa, ma che vale meno di un quinto, a volte persino un decimo.

Questo mondo ha fatto si che i negozi si basassero sul consumismo. La moda è diventata standard. Anche la sartoria, in un certo senso, è diventata standard. Questo posto, quando sono entrato io, era standard. Tutti gli abiti erano blu o grigi, quello più stravagante era un gessato blu scuro con la righina bianca sottile.

Mi ci sentivo stretto, devo ammetterlo. Per come sono fatto io, non potevo pensare di vivere in un mondo, in un negozio che porta il mio nome, dove non c’era fantasia. Da qui parte la mia ribellione.

A cura di: Matteo Bruzzo

 

Continua nella prossima parte

Per saperne di più, visita il sito di Bonino 1933, la pagina Instagram o Facebook.

6 thoughts on “Un’intervista con Roberto Bonino – Parte 2

    1. Caro Luigi,
      grazie per i complimenti a Matteo.Lui é bravissimo!!!
      Appena finiamo questo periodo, Bonino 1933 farà una presentazione su come si costruisce un vestito.
      Se Ti fa piacere Ti invito con Amici.
      Sarà una piccola cosa.
      Aspettando … Un abbraccio virtuale.
      Mari

  1. Molto interessante.
    Ho problemi a trovare abiti in negozio.
    Appena la situazione lo permetterà verrò senz’altro a trovarvi.

    1. Gentilissimo Francesco,
      é un piacere aver letto il suo commento.
      Le lascio il mio cellulare 3393467091 che una chiacchierata la possiamo fare online anche ora e le racconto.
      Poi appena passato tutto ci vediamo con immenso piacere.
      Un abbraccio virtuale.
      Mariangela Guido

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